Siccome continuo a ricevere domande sulla differenza tra Shibari e Kinbaku, vi riporto qua sotto un articolo scritto da Nuitdetokyo (*) ed egregiamente tradotto in italiano da Kirigami.
Buona lettura e buona riflessione…
(*) Nuit de Tokyo non è di sicuro l’ultimo arrivato in campo di corde. Oltre ad aver vissuto per molti anni a Tokyo e ad essere istruttore certificato Yukimura Haruki Ryuu, ha largamente studiato con Osada Steve e Nawashi Kanna. E’ di origine francese, parla almeno cinque lingue, tra cui inglese, giapponese e cinese, ed è una vera risorsa per tutti gli occidentali che cercano di comprendere il modo di pensare dei giapponesi.
“Shibari è una parola giapponese che significa “legare”. Non deriva dal kanji/hanzi 縛, ma esisteva già nella lingua giapponese (in forma non scritta) prima che i monaci buddisti cino-giapponesi importassero in Giappone il sistema di scrittura cinese.
Shibari si scrive oggi 縛り, dove 縛 è un carattere cinese (hanzi) pronunciato “fu” in mandarino e “bok” in cantonese (omettendo i toni in entrambi i casi), e pronunciato “baku” in giapponese. E’ facile vedere che la lettura giapponese è stata importata dal cantonese, o da un altro dialetto della Cina meridionale; questo è coerente con le rotte commerciali dell’epoca. “Ri” (り) è un hiragana, cioè un segno alfabetico giapponese (anch’esso graficamente derivato da un carattere cinese, in questo caso dal carattere 利 che si legge “li” in mandarino, “lei” in cantonese e “ri” in giapponese). Il fatto di scrivere “ri” crea poco impatto sul significato della parola “shibari” […].
Kinbaku (緊縛) è una parola giapponese di recente invenzione (probabilmente del 20° secolo), creata appaiando due caratteri cinesi: un tipo di processo estremamente diffuso nella lingua giapponese. La parola kinbaku non esiste nella lingua cinese.
(Excursus su un’altra parola, come esempio: una costruzione simile è自由 “propria ragione”, che fu creato per tradurre la parola “libertà” in giapponese. Questa parola esiste anche in cinese e fu probabilmente importata nel 20° secolo).
La parola kinbaku è formata da due caratteri cinesi; il primo, 緊, è letto “jin” in mandarino, “gan” in cantonese e “kin” in giapponese. In cinese significa “in modo stretto”; il secondo, come spiegato sopra, significa “legare”.
Dopo queste premesse, è necessario far notare due aspetti. Il primo è che il verbo giapponese shibari e il verbo cinese 縛 (jin), benché molto simili per significato, presentano comunque una piccola differenza, poiché 縛 (jin) include il significato che la cosa o persona legata non si possa più muovere. Il verbo shibari significa legare, ma non implica necessariamente che la cosa non si possa più muovere una volta legata.
Il secondo aspetto è che i giapponesi hanno usato la lingua cinese (o più esattamente una versione locale della lingua cinese) per tutti gli atti ufficiali fino al tardo 19° secolo (come i monaci irlandesi hanno usato il latino fino a molto dopo la caduta dell’impero romano). In questo modo le parole cinesi assumono in giapponese un certo grado di durezza/ formalità/ufficialità comparate alle parole originali giapponesi: una lettera personale che esprime dei sentimenti avrà una maggioranza di parole di origine giapponese, un documento ufficiale una predominanza di parole cinesi.
Quindi abbiamo una situazione in cui “shibari” significa legare, e kinbaku significa “legare in modo stretto, tale che non ci sia possibilità di movimento dopo la legatura”.
A questo punto dobbiamo scrivere chiaramente che non c’è accordo tra i giapponesi su quale sia, in termini concreti, la differenza tra shibari e kinbaku, sempre che ce ne sia una. Osserveremo che la maggior parte degli artisti giapponesi gravitano istintivamente verso un termine o verso l’altro nelle loro conversazioni, a seconda delle circostanze.
Per esempio, Yukimura Haruki (era ancora vivo all’epoca dello scritto – N.d.T.) esplicitamente descrive la sua corda come “Shibari, non kinbaku”, mentre qualifica altri artisti come “praticanti di kinbaku, non di shibari”. Come già fatto notare altrove, egli spesso afferma che gli piace legare in modo che la modella possa muoversi un poco: così che pensi di potersi slegare, quando in realtà, non può.
Nawashi Kanna, al contrario, usa spesso -ma non sempre- la parola kinbaku quando parla di corde.
C’è una situazione in cui tutti i giapponesi concordano: nella frase “facciamo bondage giapponese tutti insieme”, è sempre “shibarimashou” (facciamo shibari) e non “kinbaku o shimashou” (facciamo kinbaku). Al contrario, i libri pornografici e i film preferiscono kinbaku -o una sua variazione- quando devono scrivere il titolo (grassetto del traduttore), poiché suona più formale.
Ad esempio, Yukimura (che di solito usa la parola shibari – N.d.T.) ha realizzato una serie di DVD chiamata 縛縄, cioè “bakujou”: “corda che lega”, con la parola “corda” scritta in modo che si legga “jou” -la pronuncia cinese- e non “nawa” -la pronuncia giapponese. (I titoli richiedono una maggior formalità e vengono quindi scritti con parole di origine cinese – N.d.T.)
Inoltre, una persona che usa le corde a un alto livello ed è rinomato come artista della corda è un “kinbakushi”, o “bakushi”, non un “shibari shi” -anche nel caso di Yukimura (che pure definisce la sua pratica “shibari” – N.d.T.).
Come ulteriore esempio, durante una recente visita al fiorista locale, e dopo aver scelto i fiori, la giovane e avvenente fioraia da dietro il bancone ha chiesto “shibarimashou ka?” e cioè “leghiamo?”. Sfortunatamente, non intendeva chiedermi di saltare su di lei ed eseguire una legatura, né di farmi legare a un albero sul retro del negozio; ma, semplicemente, se volevo che i fiori fossero legati prima di incartarli -perchè gli appassionati di ikebana non fanno legare i fiori, ma li portano a casa sciolti. Ovviamente, in quella situazione, shibari funziona (legato ma con ancora possibilità di movimento), mentre kinbaku non funziona.
Il punto principale di questo post, è che, assimilare “shibari” a un estensione sessuale dell’hojojutsu, come a volte viene fatto, è in effetti piuttosto fuorviante. La maggior parte dei giapponesi descrive lo shibari come un’attività feticistico/erotica che prende in prestito alcuni elementi dall’hojojutsu, ma anche elementi di estetica, e di fantasia sessuale… Paradossalmente, e questo è molto difficile da far comprendere fuori dal Giappone, l’elemento eros/sentimento (気持ち “kimochi”) è molto più importante dell’elemento hojojutsu (o delle acrobazie); benché, chi vede una performance per la prima volta, noterà principalmente l’aspetto tecnico delle corde.
In estrema (eccessiva?) sintesi, lo Shibari/kinbaku ha a che fare con quello che succede nella realtà e nella fantasia, e non tanto con le attrezzature (corda, trave, tatami, bavaglio…), e sicuramente non ha nulla a che fare con i “nodi”.
Infine, anche se la comunicazione, il “leggere l’altra persona”, è visto da molti artisti e modelle come una delle parti essenziali di questa arte (forse l’aspetto più importante), molto raramente i giapponesi descrivono lo Shibari/kinbaku come “scambio” (a meno di non intendere la comunicazione come uno scambio); in parte perché esiste un’asimmetria nello shibari: nel senso che il ruolo della persona che lega e il ruolo della persona legata sono intrinsecamente differenti.
La persona più importante in “quello che sta succedendo” è in realtà la modella. Come Yukimura ci ha ripetuto venerdì scorso mentre ero insieme con il famoso Pedro (artista della corda e regista del film Jyowa), il bakushi deve “immergersi” nella mondo della fantasia della modella, così che lei possa “perdercisi dentro”; perché quel mondo improvvisamente si espande grazie allo shibari (o kinbaku), eseguito dal bakushi. Solamente se questo accade, c’è shibari/kinbaku: una cosa molto distante dai nodi tecnici di un dato stile di hojojutsu, il cui scopo principale è legare prigionieri così che non possano scappare.”
Risorse: